Beni comuni, partecipazione, cultura e legalità per il Lazio di domani.
Come raccontare due giornate come quelle del Congresso di Legambiente Lazio?
Due giornate intense, frenetiche, con più di 60 interventi, aperte dalla lucida e appassionata relazione introduttiva di Lorenzo Parlati, a cui sono seguiti gli interventi di Cristiana Avenali, Vittorio Cogliati Dezza, Roberto Della Seta, Maurizio Gubbiotti, Valentina Romoli, oltre a quelli (meno lucidi e meno appassionati) dei rappresentanti istituzionali nel settore ambientale al Comune, alla Regione, alla Provincia.
Un Congresso che ha visto il Circolo di Garbatella attento e presente, non solo numericamente con i suoi delegati e uditori, ma soprattutto grazie al racconto delle attività che abbiamo svolto insieme, agli spazi che ci siamo conquistati e alle persone che ci hanno citato. I momenti di commozione sono stati tanti, dal ricordo degli ambientalisti che ci hanno lasciato Cesare Donnhauser, Angelo Vassallo, Nanni Laurent, per arrivare alle parole di chi è nella Legambiente da sempre, ricordiamo il discorso energico, commovente (e commosso) di Annamaria Baiocco, per arrivare allo slancio dei nuovi iscritti: quello che ricordiamo con maggior intensità è
l'intervento della nostra amica giapponese, Maho, che già all'inaugurazione del giardino zen ci aveva toccato per la sua sensibilità, e che nuovamente ha voluto ricordarci quanto siamo tutti, ovunque, indissolubilmente legati, basta parlarsi con il cuore. I due ideogrammi significano "amicizia" "due mani che si cercano".
l'intervento della nostra amica giapponese, Maho, che già all'inaugurazione del giardino zen ci aveva toccato per la sua sensibilità, e che nuovamente ha voluto ricordarci quanto siamo tutti, ovunque, indissolubilmente legati, basta parlarsi con il cuore. I due ideogrammi significano "amicizia" "due mani che si cercano".
Il Congresso, che si è svolto durante il week-end di fuoco delle dimissioni del Presidente del Consiglio Berlusconi, ha espresso la sua preoccupazione per il momento attuale che va aldilà della posizione personale (per la stragrande maggioranza festosa) in riguardo alla fine di questo governo, ed è invece volta a sottolineare quanto sia fondamentale in questo momento fare della questione ambientale il punto cardine delle politiche per l'uscita dalla crisi. La Legambiente, come sempre, è vigile, attenta, critica, ma anche e soprattutto, ambiziosamente ottimista.
Un'armonia straordinaria che indica la necessità di essere coesi e forti in un momento molto difficile per tutti.
Che dire... siamo pronti per il Congresso Nazionale a Bari il 2-3-4 dicembre!
Riportiamo l'intervento della neo-iscritta al circolo Francesca Fanti.
Nel momento storico in cui viviamo si sente parlare quotidianamente di -alternativa-: a Berlusconi, al modello di sviluppo occidentale, alla BCE, alla stessa UE. Ma quale è il tipo di alternativa che vogliamo ricercare?
Viviamo in una realtà in cui la parola crisi pervade ogni spazio della nostra vita: tutti i giorni si sente parlare di crisi climatica, di crisi finanziaria, di crisi del debito... esperti di ogni settore si affannano a spiegare alla nostra classe dirigente, che si rifiuta di accettare la realtà, che siamo arrivati alla fine di un percorso, di un'epoca, forse di un'era: parole come apocalisse e caos rimbalzano nel nostro immaginario collettivo, cercando di insinuare in noi la percezione che l'alternativa al sistema che ci è stato imposto fino ad ora possa solo essere un'alternativa distruttiva.
Ma da decenni uomini e donne lungimiranti e consapevoli, come chi è nella Legambiente, si sono preparati a questo momento, sapendo che potenzialmente non c'è nessuna apocalisse, nessuna catastrofe e nessun caos nell'alternativa al nostro modello produttivo e sociale.
In un contesto come questo dobbiamo allora sempre tenere a mente che a proporre e sostenere un cambiamento reale non possiamo essere che noi: l'alternativa siamo noi.
E' arrivato il momento di superare le categorie, il lessico, gli schemi del novecento, che è un secolo finito non solo cronologicamente, ma soprattutto culturalmente: la realtà è cambiata, il PIL non è più indice di niente e i fenomeni che si intravedevano in lontananza sono arrivati. La società occidentale sta collassando, quella degli ex paesi in via di sviluppo sta emergendo e tutto è estremamente intrecciato. Dovremo imparare qualcosa dalle esperienze del III mondo, in cui da tempo troviamo persone illuminate che hanno fatto della tutela ambientale una questione preminente del cambiamento sociale. Qualche settimana fa ci ha lasciato Wangari Maathai, che con largo anticipo aveva capito quello che le è stato riconosciuto con il Nobel per la Pace nel 2004: aveva capito che "la pace del mondo dipende dalla difesa dell'ambiente", che democrazia, diritti, lotta contro la discriminazione e la povertà, tutela ambientale rappresentano un unico paniere di ambizioni e obiettivi per chiunque guardi al futuro con speranza. Ma per imparare e insegnare qualcosa, è necessario che tutti noi siamo consapevoli dei macroscopici errori che sono stati fatti fino ad oggi.
Consumo di suolo senza freni, disboscamento, produzione esponenziale di rifiuti, consumo e richiesta di energia illimitati, liberalizzazioni e privatizzazioni a catena di patrimoni e servizi che oggi potrebbero costituire una rete di salvataggio dalla crisi: come si è potuto pensare che tutto questo fosse non tanto possibile, ma auspicabile? Perché il problema è proprio qui: non possiamo pensare che non sia possibile avere quel tipo sviluppo che ci dà il livello di vita che noi desideriamo, perché non è sostenibile. Bisogna comunicare a tutti non tanto l'insostenibilità di questo modello, ma la sua indesiderabilità. Quello non è sviluppo: è saccheggiamento, è tirannia. E la soluzione non può essere rendere sostenibile una tirannia: la soluzione non è il nucleare, come non lo sono gli inceneritori, o nuova discarica: la soluzione è chiedersi da dove provengano tutti quei rifiuti e perché ne produciamo una tale abnorme quantità: un sistema ecosostenibile non è quello in cui una quantità enorme di output viene smaltita velocemente: è quello in cui quegli output non esistono, perché vengono ri-immessi nel sistema stesso con un uso diverso da quello che avevano precedentemente. Malagrotta, con i suoi 250 ettari, è la discarica più grande d'Europa, ma non ci è bastata: il comune di Roma (dati ISPRA) ha prodotto solo nel 2009 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti (2,5 se si guarda alla Provincia di Roma): questo vuol dire che ognuno di noi ha generato in un anno una media di 648 kg di rifiuti: 648! E allora, moltiplichiamo le iniziative come quelle delle prossime settimane, Ridurre si può, la Festa dell'albero, un'iniziativa a cui aderiamo come circolo senza dimenticare però che dobbiamo combattere la sostituzione delle piante autoctone, perchè nessuno, per quanto esperto, può pensare di sostituirsi all'equilibrio naturale, che è un equilibrio dinamico e precario, e che una volta compromesso si ristabilisce da solo, senza chiedere l'autorizzazione, con risultati catastrofici soprattutto per noi. Non facciamo altro che chiederci, anche giustamente, quale sia il modo più sostenibile per produrre energia, senza renderci conto che l'energia non ha necessariamente un valore positivo intrinseco, ma deve essere qualcosa che utilizziamo perchè ci serve, ci migliora la vita, con la consapevolezza che più ne consumiamo, più danneggiamo l'ambiente che ci circonda.
Il prodotto di questa mentalità perversa lo vediamo tutti i giorni: lo abbiamo visto a Genova, alle Cinque Terra, all'Aquila, a Giampilieri, lo vediamo a Malagrotta e nella gestione di Roma, lo vediamo nel nostro esponenziale debito pubblico: chi l'ha creato? Per chi, per cosa è stato creato? Viviamo in una democrazia di mercato, ci dicono: ma è davvero democrazia quella in cui si enunciano diritti, regole, norme, senza prevedere dei meccanismi attraverso cui quei diritti vengano tutelati e le regole rispettate, o addirittura prevedendo proprio quegli strumenti che consentano di andare in deroga a qualsiasi norma?
Democrazia è invece quel contesto in cui ognuno di noi, quotidianamente, può agire, e non solo nel "suo piccolo": la nostra azione può crescere e coinvolgere tutti: pensiamo ai referendum di quest'anno. Pensiamo alle attività di Legambiente e dei suoi circoli, che stanno riscuotendo attenzione dai media, dalle realtà istituzionali, oltre che da un numero crescente di persone.
Il Circolo di Garbatella è nato quasi 20 anni fa proprio sulla spinta dell'indesiderabilità del modello in cui siamo costretti a vivere: un modello che non costruisce tessuto sociale e che anzi spesso ostacola la creazione di comunità come centri di energia e motori del cambiamento sociale: il circolo, allora, ha costruito quel tessuto, sotto un impetuoso desiderio di riappropriazione degli spazi e delle idee, partendo da quelle consapevolezze che ci hanno consentito nel tempo di aggregare l'interesse e la solidarietà delle persone che vivono nel nostro territorio.
Ovviamente, nel parlare delle attività di quest'anno, non possiamo dimenticare l'incessante sforzo di comunicazione, educazione e informazione legato alla campagna referendaria: che ci ha portato davanti alle scuole, oltre che ai centri di aggregazione come mercati ed ipermercati, cercando di intercettare l'attenzione e l'interesse di tutti, anche attraverso sistemi di comunicazione attuali come i "flash mob"; che ci ha spinto poi a costruire una rete di condivisione e vicinanza anche con altre realtà associative del quartiere.
Non possiamo dimenticare poi le attività che abbiamo costruito sulle campagne di Legambiente, e che hanno soprattutto consentito a ognuno di noi di fare comunità, di prenderci cura del nostro territorio, di conoscere e conoscersi: penso alle biciclettate per Mal'aria, alle giornate dedicate a Spiagge pulite prima e a Puliamo il mondo poi.
Abbiamo cercato anche di dare voce a quella necessità di spazi e momenti culturali che siano però anche momenti di condivisione del bagaglio di autodidatta di ognuno di noi, con visite guidate "autogestite", alla riscoperta di quell'immenso patrimonio che abbiamo sotto gli occhi e che troppo spesso viene trascurato. Abbiamo attivato anche un corso di Permacultura, iniziato da poco ma che ha già avuto un tale numero di adesioni da farci pensare a una replica in primavera.
Penso anche alla ricerca continua di un coinvolgimento delle scuole nelle nostre attività, soprattutto in quello che ad oggi rimane la nostra più grande soddisfazione: la riqualificazione, ma in primo luogo la riappropriazione, di un bene comune della nostra collettività, abbandonato dalle istituzioni all'incuria e al degrado, sperando forse così che la strada per la speculazione fosse più facile:
il Parco di via Rosa Raimondi Garibaldi, che con fatica e impegno abbiamo recuperato e pulito, e che oggi è al centro delle nostre attività e dell'interesse di tanti componenti del nostro territorio: al parco oggi c'è l'importantissima esperienza degli orti urbani, in cui con cadenza quasi settimanale coinvolgiamo I bambini delle scuole, per cercare di insegnare loro non solo l'amore e il rispetto per l'ambiente, ma anche la consapevolezza che l'ambiente è un'opportunità ed è per questo che bisogna capirlo e tutelarlo. Agli orti partecipa una rete di persone appassionata, dotata di quella passione che nasce quando il personale si mescola al collettivo, le idee alla pratica, la realtà visionaria al contatto con la terra. Nel parco coinvolgiamo tutti, cercando di fare dei progetti individuali una idea comune, di guardare alla globalità con gli occhi della nostra esperienza: il parco, gli orti, il giardino zen di ui abbiamo parlato ieri, sono una diretta appendice di quello che il Circolo ha nel suo dna, di quelle idee che ci hanno sempre guidato e ancora ci guidano nel pensare al futuro: nella decisione di non intraprendere sempre la strada più semplice, ma quella migliore cercando di cambiare non solo il nostro stile di vita, ma il modo di pensare alla realtà, di fare quel cambiamento che in psicologia viene chiamato cambiamento di tipo 2, fuori dalla cornice che qualcun'altro ha scelto per noi.
Quello che cerchiamo di comunicare, sempre, è che ognuno di noi, a partire dalle cose che ha, che consuma, che richiede, ha la responsabilità del tutto, di tutti, sempre. E' una grande responsibilità, ma noi la vogliamo assumere.
Noi, in fondo, l'abbiamo sempre, appassionatamente, assunta.
Nessun commento:
Posta un commento